La canapa ha una lunga storia in Italia, dove veniva coltivata già in epoca romana, soprattutto nelle regioni settentrionali come il Piemonte. In antico dialetto piemontese, la canapa era chiamata ‘Càuna’.
Questo termine affonda le sue origini nella cultura contadina piemontese, dove la canapa aveva un ruolo fondamentale. Veniva impiegata per produrre cordami, tessuti, carta e oli, ma anche come alimento per l’uomo e gli animali. La ‘càuna’ era una risorsa pressoché indispensabile, che poteva essere trovata in ogni cascina.
Dopo la raccolta, la canapa veniva posta in acqua per favorire il processo di macerazione che permetteva di separare le fibre dal fusto. Una volta asciugate, le fibre venivano pettinate e sottoposte a un processo di gramolatura per diventare filamenti da tessere. La parte legnosa che rimaneva dopo l’estrazione delle fibre, detta ‘caglio’, poteva essere foraggio per gli animali o bruciata per illuminare e riscaldare.
L’olio di semi di canapa trovava invece impiego in cucina, come condimento o per la produzione di vernici e saponi. Ogni parte di questa pianta era utilizzata, a dimostrazione di quanto fosse preziosa per l’economia rurale piemontese. Con l’avvento di fibre sintetiche più pratiche, l’uso della canapa è stato abbandonato, ma oggi riscopriamo il valore di questa antica ‘càuna’.
Dalla coltivazione in Piemonte alle tecniche tradizionali di trasformazione, la storia della canapa in questa regione è affascinante. Un patrimonio da scoprire per comprendere fino in fondo l’importanza che rivestiva in passato questa pianta, oggi al centro dell’attenzione grazie ai suoi molteplici utilizzi ecologici e terapeutici.